Appuntamenti

La Resistenza è (trans)FEMMINISTA

Anche quest’anno, in pieno “vento del cambiamento”, ci troveremo a prendere parte al corteo cittadino del 25 aprile. Dopo uno straordinario percorso di mobilitazione verso lo Sciopero Globale Transfemminista dell’Otto marzo, che, anche da noi, ha significato un favoloso processo di soggettivazione politica, e con nel cuore la cangiante prova di forza di #Veronatransfemminista, attraversiamo ancora una volta le strade della nostra città, sempre più consapevoli dell’urgenza storica che ci troviamo di fronte.

Crediamo che sia definitivamente finito il tempo dei memorialismi tout court, specie se funzionali a revisionismi di parte che normalizzano -o eludono del tutto- il portato rivoluzionario della Resistenza al nazifascismo;

crediamo che non ci sia più spazio per le celebrazioni retoriche di rito, quelle che cadono una volta l’anno e relegano fascismo ed antifascismo alle pagine di storia: perché la farsa del galateo democratico è ormai evidentemente saltata.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: è in atto una reazione autoritaria e sessista e i laboratori prediletti di questa deriva sono il corpo e l’autodeterminazione delle donne e delle soggettività LGBTQ*I+. Gli strumenti ed insieme i sintomi di tale reazione sperimentata sulle nostre vite sono molteplici: le mozioni antiabortiste della Lega, che finanziano le associazioni prolife sui territori e che da Verona, laboratorio politico per l’oscurantismo catto-fascista, hanno provato ad estendersi in varie città della Penisola; le iniziative comunali contro il ”gender”, che di fatto alimentano intolleranza ed esclusione; la Legge Salvini su sicurezza ed immigrazione, che facendo leva su narrazioni tossiche colpisce gli indesiderati e tutt*coloro che non sono dispost* ad arretrare di  un passo dinanzi alla fascistizzazione sociale che avanza e si istituzionalizza.

Ma il fiore all’occhiello di questo attacco su vasta scala a livello nazionale è probabilmente il DDL Pillon, che, sotto mentite spoglie, va a cristallizzare diseguaglianze economiche e violenza domestica, rendendo sempre più difficile divorziare. Soprattutto esso ripropone la famiglia eteropatriarcale come la sola forma relazionale socialmente legittima: quella stessa in cui avviene la maggior parte delle violenze di genere, quella stessa in cui si riproduce la divisione sessuale del lavoro e dell’oppressione; infine quello strumento ideologico di tanto in tanto impugnato dai fascisti di turno per sostenere specularmente la riproduzione dell’identità nazionale della pelle bianca.

Ma se questo fascismo tutto nostrano si specchia in un’analoga avanzata delle Destre reazionarie in Europa e nel Mondo, e trasforma i nostri corpi in campi di battaglia, la Resistenza non può che essere Globale e TransFemminista.

“Non una di Meno” significa anche questo: che non siamo più disposte a cedere, in nessuna parte del mondo! Che non vogliamo più perdere nessuna sotto i colpi della violenza machista e fascista. Che fintanto che una di noi sarà oppressa lo saremo tutte! Che siamo tante e siamo ovunque, come ovunque lo Stato mostra i denti, svelando il suo volto più autoritario.

 Che senza di noi, senza la Liberazione delle Donne, nessuna “Liberazione” è possibile!

 

 

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